#SpazioTalk, Daniele Bennati: “L’obiettivo è tornare a vincere il mondiale. C’è tanto da analizzare e valutare”

Daniele Bennati si è presentato alla Nazionale Italiana, pronto a ricoprire il suo nuovo ruolo di commissario tecnico. L’ex ciclista è passato a essere la guida del ciclismo italiano soltanto un paio di anni dopo aver lasciato il professionismo, segno della grande fiducia che la Federazione Ciclistica Italiana pone nei suoi confronti. Consapevole di succedere a un ct che ha vinto tanto negli ultimi anni, tra gli europei e il mondiale a cronometro, l’ex velocista non nasconde che l’obiettivo a lungo termine può essere tornare a vedere un italiano con la maglia iridata nella prova in linea. Nella sua giornata di presentazione, il nuovo ct della nazionale è intervenuto nella puntata “La Nuova Italia” di #SpazioTalk per spiegare le sue idee.

Qual è la ricetta per riportare l’Italia a vincere il mondiale?

Se ci fosse, credo che Bettini e Cassani me l’avrebbero passata… Il problema è che non c’è. Ora è prematuro parlare di mondiale, dalla prossima settimana inizieremo a costruire un percorso. Riportare il mondiale in Italia sarebbe un sogno, ma è chiaro che per vincere un mondiale servono tante cose e tante componenti. Una su tutte è la fortuna. I corridori li abbiamo, e anche le possibilità di vincere il mondiale. Poi è chiaro che si corre in un giorno e oltre a grandi gambe si devono incastrare determinati aspetti. Ma l’obiettivo è quello.

C’è un ct del passato a cui ti ispiri particolarmente?

Nella mia carriera ho avuto la fortuna di essere amico e aver condiviso momenti importanti sia con Alfredo Martini, che è una figura paterna per me, un maestro di vita prima ancora che del ciclismo. I suoi racconti, i suoi aneddoti e i suoi consigli sono sempre vivi in me. Poi avevo un bellissimo rapporto con Franco Ballerini. A Zolder, al mio primo mondiale, ero riserva e ha vinto Cipollini. Lì c’era Franco, come poi a Madrid. Queste due figure mi mancano tantissimo e sono state importanti per la mia carriera. Se sono qui quest’oggi sicuramente devo dare tanto anche a loro.

C’è qualche insegnamento di Ballerini che vuoi portare nel tuo lavoro?

Da quando c’era Franco, il ciclismo è cambiato tantissimo. Quando lui era ct il campionato europeo non c’era, si facevano solo mondiali e olimpiade. E durante l’anno non si facevano neanche le gare del calendario italiano. Ora sono cambiate tante cose. Devi seguire molto di più gli atleti, selezionarli durante l’anno. Il lavoro è molto più sostanzioso. Franco mi ha insegnato, bastava guardare come si poneva di fronte alle persone e agli atleti. Aveva un carisma particolare. Il fatto che tanti mi affianchino a lui mi rende molto orgoglioso. Chiaramente è una responsabilità grossa, non sono Franco Ballerini. Sono molto più piccolo. Ma già pensare di poter emulare qualcosa è molto importante per me.

Hai sentito Cassani? Ti ha dato qualche consiglio?

Ci siamo sentiti due o tre volte in questi giorni. Abbiamo fatto delle chiacchierate. Senz’altro ci siamo confrontati sulla nazionale e anche su altre cose. Magari ci risentiremo presto.

Hai detto che avevi il sogno del ct, forse è arrivato prima di quanto ti aspettassi. Quanta responsabilità senti?

Non so perché, ma già quando ero corridore si vociferava che un giorno avrei potuto fare il commissario tecnico. Allora ho cominciato, mese dopo mese e anno dopo anno, a pensarlo davvero nella mia testa. Sinceramente ritrovarmi qui quest’oggi mi fa un certo effetto, ancora devo metabolizzare tutto. Al momento è una grande soddisfazione. C’è tanto da fare, tanto da pedalare. Sicuramente è un ruolo importante, di responsabilità.

Vorresti cambiare o migliorare qualcosa della nazionale?

Tante cose vanno analizzate e valutate. In questi giorni ho pensato che mi piacerebbe, senza nulla togliere a nessuno, che la maglia azzurra sia un’aspirazione forte e importante per tutti i corridori. Quando convochi un corridore è normale che chiami i più forti, ma la maglia azzurra non si può regalare. Nelle gare in Italia vorrei che le mie nazionali fossero di livello, che i corridori prima di vestire la divisa della nazionale abbiano fatto qualcosa di importante o abbiano un futuro roseo davanti a sé. Questa non è una critica a quello che è stato fatto prima, ma un ringraziamento perché il tipo di attività è molto importante per dare la possibilità a chi fa pista, under 23 e junior di confrontarsi con il professionismo. Il sistema è stato molto importante, ma semplicemente vorrei mandare il messaggio che per indossare la maglia azzurra bisogna avere grandi meriti. Quando ho indossato per la prima volta la maglia azzurra ero un corridore di vertice tra gli juniores. La maglia azzurra non si regala.

Abbiamo dei giovani che hanno già dimostrato di avere qualità importanti.

Certo. Io sono nuovo, ma sono tranquillo perché nel mio staff ho persone di grande esperienza come Marco Velo e Marco Villa. Ci dev’essere il filo conduttore che ci lega tutti per provare a coinvolgere più talenti possibili. Dobbiamo essere tutti in sintonia.

Intorno al ciclismo italiano c’è sempre un po’ di disfattismo quando le cose non vanno bene, un po’ di euforia quando i risultati arrivano. Tu a che livello valuti il ciclismo italiano in questo momento? Su che corridori sai di poter puntare e quali invece pensi possano essere i fari del futuro?

Ora è prematuro parlare di nomi, manca ancora tanto. Se pensiamo a Ganna, ora è l’uomo di riferimento del movimento. Ma non c’è solo lui, ci sono tante altre realtà che stanno crescendo tantissimo. Il progetto è a lungo termine, non dobbiamo pensare a domani ma minimo alle Olimpiadi di Parigi. La strada è lunga, ma ci sono tutte le carte in regola per riconfermare quello che i ragazzi hanno fatto e magari fare qualcosa di più.

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